giovedì 28 giugno 2007

Sottrarre La Frasca al delirio sviluppista

Il cosiddetto Terminal Cina (o più pomposamente Asia) è senza dubbio un delirio, qualcuno potrebbe dire di onnipotenza, per quanto mi riguarda tout-court, frutto di un cancro, come altri purtroppo, a Civitavecchia ampiamente e tragicamente rappresentato: l’aggressione al territorio. In questa pratica letale per il pianeta e per l’umanità, Gianni Moscherini ha le tutte le caratteristiche dell’esecutore materiale di primo piano.

Mi riservo di approfondire “la questione Frasca” nell’ambito del prossimo consiglio comunale; per quanto riguarda la pantomima inscenata nella mattinata di ieri, mi limito a sottolineare come sia ormai chiaro a tutti il futuro di ferro e cemento che il sindaco convinto di essere ancora presidente dell’Autorità Portuale ha in mente per il litorale a nord di Torre Valdaliga.

La pineta e il tratto di mare antistante, prima interruzione dopo decine di chilometri di presenza umana dissennata, rappresentano una fondamentale area di rispetto della biodiversità di riconosciuto valore ambientale e socio-culturale e, di conseguenza, il limite naturale di espansione del porto in direzione nord.

Prima da molo Vespucci, ora dal Pincio, Gianni Moscherini dimostra di non avere la più pallida idea del concetto di bene comune. In quest’ottica rivendicava e rivendica la cessione dei terreni all’Autorità Portuale, in modo da potere inglobare l’area a tutti gli effetti nel porto e rendere la pineta un giardinetto plastificato, ordinato, circondato da binari, asfalto e luminarie di vario tipo, il tutto affacciato su una splendida banchina da 1.000.000 di m2, gigantesca pietra tombale su un fondale che l’Unione Europea ha (chissà perché?) individuato come Sito di Interesse Comunitario.

Le migliaia di posti di lavoro millantate a sostegno di questa allucinazione fanno parte dell’allucinazione stessa, come dimostra l’esperienza più o meno recente della false grandi opere civitavecchiesi (centrale a carbone naturalmente compresa) e, in un contesto sociale ferito dalla disoccupazione, dal precariato e dal lavoro nero, si configurano come un atto di terrorismo psicologico.

L’area de La Frasca deve essere tutelata con un rafforzamento dei vincoli e una precisa attribuzione delle responsabilità di gestione. Dal degrado non si esce con i campi da calcetto e le discoteche, ma recuperando il rispetto e la memoria.

Questo sarà il mio impegno come consigliere. Questa spero sia la risposta della città al delirio orientalizzante.


venerdì 15 giugno 2007

Indecorosa la rimozione del gazebo No Coke

Il valore simbolico della scelta di mantenere il gazebo No Coke di Corso Centocelle danneggiato dalle fiamme come denuncia e condanna della becera ignoranza all’origine dell’incendio doloso di domenica scorsa sembrava di tale evidenza da non richiedere particolari spiegazioni.

L’ordine di rimozione della struttura, partito, secondo quanto riferito ai No Coke, dal Comune ed eseguito senza alcuna comunicazione, denota una scarsa attitudine verso la pratica della democrazia o forse, come sarebbe auspicabile, un difetto di comunicazione tra Sindaco e struttura.

Le presunte motivazioni di decoro all’origine del blitz anti-gazebo trovano il loro retroterra sub-culturale nella degenerazione mentale che in passato ha imposto mutande e foglie di fico a capolavori dell’arte plastica e figurativa.

C’è molto, moltissimo, di indecoroso a Civitavecchia, a livello umano e materiale. In un quadro simile, il gazebo No Coke semi-carbonizzato brilla per dignità e valore etico.

Solo la momentanea impossibilità di rientrare in possesso della tenda ne impedisce l’immediata ricollocazione nella sede originaria.

Sono certo che si sia trattato di uno spiacevole equivoco e che le cittadine e i cittadini contro il carbone potranno, già da domani, decidere se e quando ritenere esaurita la funzione simbolica del gazebo di Corso Centocelle.