venerdì 12 ottobre 2007

SUL CARBONE A CIVITAVECCHIA NIENTE SCORCIATOIE

Due Ministri della Repubblica (Ambiente e Salute), la Regione Lazio, le Province di Roma e Viterbo hanno richiesto al Ministro Bersani, sulla base delle lacune riscontrate nelle autorizzazioni, specie riguardo all’impatto sanitario, la riapertura della Conferenza dei Servizi sulla riconversione a carbone di TVN. È quella l’unica sede in cui valutare correttamente l’impatto ambientale e sanitario sull’intero territorio dell’Alto Lazio della centrale a carbone proposta dall’Enel per Civitavecchia e disporre eventuali riduzioni del carico inquinante o, verificato lo stato di sofferenza della popolazione causato da decenni di inquinamento incontrollato derivante da molteplici fattori di pressione, centrali elettriche in primis, dichiarare insostenibile, come credo, qualsiasi nuova centrale.

L’antica
abitudine dell’Enel ad essere il controllore di se stesso emerge con la consueta arroganza nella trattativa privata condotta tete a tete con il Ministro Bersani a proposito di una presunta riduzione del 30% delle emissioni di SO2 e polveri attraverso fantascientifiche innovazioni tecnologiche.

È appena il caso di ricordare che
non esistono su questo pianeta filtri in grado di abbattere le polveri più pericolose, quelle ultrasottili con diametro inferiore ai 2,5 micron. Quanto poi all’anidride carbonica, individuata a livello mondiale come principale causa del surriscaldamento globale, Enel parla di una riduzione del 18% rispetto al vecchio impianto a olio combustibile, dimenticando di fornire il dato assoluto, ovvero 10.000.000 di tonnellate all’anno, una cifra irragionevole, pari a quasi il doppio della quota assegnata per l’anno 2006 a tutto il Lazio, che già per l’anno in questione ha registrato uno sforamento del 127%, come segnalato in una recente ricerca riportata nei giorni scorsi dalla stampa della provincia di Viterbo, che ospita, a soli 25 Km di distanza da Torre Valdaliga Nord, la centrale Enel di Montalto di Castro e detiene il triste primato delle emissioni di CO2 con un superamento delle quote assegnate disolo” l’874,93%.

Non esistono scorciatoie. Il Ministro Bersani pensi a disporre la riapertura della Conferenza dei Servizi, piuttosto che incoraggiare da parte dell’Enel opere di buona volontà, disposizione d’animo alla quale a Civitavecchia e nell’Alto Lazio nessuno crede più.

Tutti sanno ormai, compreso il Ministro dello Sviluppo Economico, che non è stato valutato correttamente l’impatto ambientale e, soprattutto, sanitario della centrale a carbone di TVN in relazione al polo energetico Civitavecchia-Montalto di Castro. L’unica soluzione è prendere atto degli errori commessi e rimettere in discussione tutto, considerando i dati epidemiologici colpevolmente ignorati ed estendendo la valutazione a tutta l’area interessata, la provincia di Roma, capitale ovviamente compresa, e quella di Viterbo. Per quanto riguarda i 10.000.000 di tonnellate di CO2, l’area interessata sarebbe il pianeta, ma capisco la difficoltà di coinvolgere l’ONU in una Conferenza dei Servizi…

venerdì 7 settembre 2007

Terminal Asia (fu Cina)

Fortunatamente il peso del Comune di Civitavecchia nell’eventuale decisione criminale di realizzare il Terminal-Asia (fu Cina) è marginale, o così dovrebbe essere, a meno che, come i ripetuti spocchiosi interventi in materia portuale lascerebbero supporre, il Sindaco Moscherini non pensi di poter ancora disporre a suo piacimento del Comitato Portuale.

Da parte di una maggioranza più o meno consapevole, di sé e dell’oggetto specifico, si parla con frequenza ossessiva di un progetto che finora esiste ufficialmente soltanto nelle patinatissime riviste distribuite a fine disgustosamente propagandistico dall’Autorità Portuale targata Moscherini.

Si tratta di qualcosa di mostruoso: una cassa di colmata di 3.000.000 di m3 che darebbe vita ad una banchina lunga ca. 1 Km e 700 m e larga tra i 400 e i 600 m, per una superficie di 1.000.000 di m2. In mare aperto un nuovo antemurale di ca. 2 Km, alle spalle una bretella stradale di 5 Km e un tronco ferroviario di 1 Km e 600 m. Il tutto collocato immediatamente a nord di Torre Valdaliga (con Enel e Moscherini genitori della turpe idea della cassa di colmata), fino a occupare per qualche centinaio di metri la costa prospiciente al primo tratto superstite della pineta de La Frasca che, aggredita via mare dal traffico di navi gigantesche, via terra da bretelle stradali e rotaie, finirebbe per sparire definitivamente, risucchiata in pieno ambito portuale e trasformata, per giunta in parte e a tempo determinato, in un patetico campeggio artificiale, adagiato sul ridente accesso nord di un porto dall’impatto devastante e preceduto da cinema multisala, discoteche e opere varie di urbanizzazione.

Un inciso a parte merita il tristissimo destino riservato ai fondali. Il presidente-commissario-sindaco Moscherini tenta di vendere come una fortuna quella che sarebbe un’inestimabile tragedia, ovvero la possibilità di scavare i fondali fino a 20 m di profondità e oltre. La vera fortuna è avere avuto in dono dalla natura un sistema marino come quello antistante La Frasca, peraltro già tragicamente stuprato per la costruzione del molo carbonifero di TVN nonostante sia stato individuato come sito di interesse comunitario per la tutela dell’habitat prioritario costituito dalle praterie di Posidonia Oceanica, oltre ad essere disseminato di testimonianze archeologiche. Ma è una fortuna nemmeno lontanamente percepita da chi è abituato ad amministrare, nelle migliore delle ipotesi, con le viscere, ricattando una cittadinanza sempre più affamata di diritti fondamentali, quali il lavoro, degradati al ruolo di elemosina o, addirittura, di miracolo.

In ogni caso, l’immane scempio sopra descritto è subordinato a scelte strategiche di carattere nazionale e internazionale, nonché ad una serie di approvazioni, dal Comitato Portuale, al Consiglio Comunale, alla Valutazione di Impatto Ambientale, per un iter, fortunatamente del tutto ipotetico, che, memori dei recenti e ripetuti black-out cerebrali e di coscienza, tutte le persone di buon senso dovrebbero augurarsi non avere mai inizio.
Tentare di prepararsi il terreno parlando di centinaia o, nel caso dei più inverecondi, di migliaia di posti di lavoro, significa contemporaneamente vendere fumo e fare terrorismo psicologico, atteggiamento esecrabile sotto ogni punto di vista.

È necessario difendere il tratto di costa a nord delle centrali dagli appetiti, presenti e futuri, locali e non, di chi ancora una volta è disposto a pagare debiti contratti a favore di pochi rompendo il salvadanaio dei nostri figli e dei nostri nipoti. In tal senso, non molte sono le strade percorribili. Solo un deciso rafforzamento dei vincoli sull’area in questione può sottrarla all’espansione del porto e ai caricaturali progetti di sviluppo di una città che si vorrebbe perennemente colonia. L’istituzione di un’area protetta consentirebbe, altresì, l’uscita dall’attuale imbarazzante situazione di degrado (che talvolta somiglia al preludio dell’incendio che “risolverebbe il problema”), oltre a garantire interessanti risvolti occupazionali, certo non paragonabili a quelli prospettati dai falsi profeti dello sviluppo neoplastico, ma sicuramente frutto delle potenzialità del territorio e del rispetto dello stesso.

L’alternativa è rassegnarsi alla più o meno rapida sparizione de La Frasca e del patrimonio naturalistico, paesaggistico, storico, culturale e sentimentale che rappresenta.

giovedì 23 agosto 2007

Catasto aree incendiate – Presentata mozione

Porre rimedio alla piaga degli incendi deve essere una priorità a tutti i livelli per il nostro Paese. Ribadita la modestissima rilevanza statistica (1-2%) degli incendi di origine naturale o accidentale, bisogna senz’altro intervenire a livello culturale per correggere i comportamenti (scarsa attenzione nelle attività di manutenzione agricola e zootecnica, abbandono di mozziconi di sigaretta, ecc.) all’origine di incendi di natura colposa e, soprattutto, a livello amministrativo e giudiziario per reprimere le attività criminali che si configurano come la principale causa dei roghi che anche quest’anno devastano la penisola e il nostro territorio.

Come spesso accade, purtroppo, leggi esistenti rimangono inapplicate. L’apposizione di vincoli pluriennali volti a scongiurare speculazioni criminali di vario genere sulle aree percorse dal fuoco, da attuarsi attraverso l’istituzione di catasti delle aree incendiate, rappresenta uno strumento importante, previsto dalla Legge-quadro in materia di incendi boschivi (353/2000), del quale il Comune di Civitavecchia non si è ancora dotato.

Auspico, in tal senso, una rapida approvazione della mozione presentata da chi scrive per il Gruppo Consiliare dei Verdi e, soprattutto, l’attuazione degli impegni in essa contenuti, ovvero l’istituzione del catasto comunale degli incendi boschivi e la relativa applicazione dei vincoli e dei divieti necessari a fermare almeno una parte delle mani che aggrediscono la città e il territorio.

Si tratta, in realtà, di un atto dovuto, di quelli che la cittadinanza dovrebbe pretendere.